POETAS ANTOLOGÍA UNIVERSAL: MÁS DE 11.100 POETAS DE 180 PAÍSES - Editor: Fernando Sabido Sánchez
BUSCAR POETAS (A LA IZQUIERDA):
[1] POR ORDEN ALFABÉTICO NOMBRE
[2] ARCHIVOS 1ª, 2ª, 3ª, 4ª, 5ª 6ª 7ª 8ª 9ª 10ª 11ª 12ª 13ª 14ª 15ª 16ª 17ª 18ª 19ª 20ª y 21ª BLOQUES
[3] POR PAÍSES (POETAS DE 178 PAÍSES)
SUGERENCIA: Buscar poetas antologados fácilmente:
Escribir en Google: "Nombre del poeta" + Fernando Sabido
Si está antologado, aparecerá en las primeras referencias de Google
________________________________
miércoles, 24 de junio de 2015
miércoles, 1 de octubre de 2014
SIMONE CATTANEO [11.152]
Simone Cattaneo
(Nació en Saronno, ITALIA 1974 - Se suicidó en 2009)
Sus poemas han sido publicados en, “Atelier”, “La clessidra”, “Hebenon”, “ Poesia”, “Letture”, “Graphie”, “Tratti” e “Clandestino”.
Fue incluido en el libro editado por Julian Ladolfi, L'opera comune, Antología de poetas nacidos en los años setenta (Atelier, 1999). Sus textos, con presentación a cargo de Roberto Roversi, incluidos en la antología Diez poetas italianos (Pendragon, 2002), editado por Maurizio Clementi. Se incluyó en Lavori di scavo, Antología de poetas nacidos en los años 70 (Antología web Railibro, 2004), 100 poemas del odio y de la invectiva de Antonio Veneziani (Coniglio Editore, 2007).
Su primer libro de poesía, Nome e soprannome, se publicó en 2001, en la colección de poesía de la editorial Atelier.
QUÉ ME IMPORTAN
Qué me importan
el amor y el dinero y, abatido, una buena palmada en la espalda,
siempre tienes salud se decía mirándose al espejo
grande del vestuario y también todavía hay tiempo
¿no te parece? Pero al final
le ha preguntado a un tipo sentado ahí cerca
si su madre sabía coser. Y le ha abierto la cara
con el golpe seco de una hoja de afeitar antes de que
pudiera levantarse.
(Traducción: Cecilia Palluzzi - Aníbal Cristobo)
ERA EL GOLEADOR ACLAMADO...
Era el goleador aclamado de los torneos de fútbol del año
aunque recibiera la pensión de invalidez por ceguera total,
conseguía romper el parabrisas de un coche a mano desnuda sin cortarse
tenía la piel de los brazos flácida como asfalto derretido
todos los chicos no más altos que esto
lo llamábamos Aladino porque resolvía cada problema de la vida con un buen consejo.
Se ha muerto asfixiado por el monóxido de carbono de una estufa de metano,
le ha dejado a la ex-mujer una roulotte color verde gastado y
montañas de basura grandes como una piscina municipal.
Cuando era un niño me susurró que para enamorarse
hace falta moler hasta obtener una superficie lisa o bien
recorrer una autopista en contramano en agosto.
Por qué precisamente en agosto no lo entendí nunca.
Traducción: Sara Costantini
ESTA NOCHE FRENTE AL TELEVISOR APAGADO...
Esta noche frente al televisor apagado
me he puesto a bailar con una caña de pescar
un lento trágico y romántico, he apartado los muebles
de la sala y en el medio del suelo amontoné
cosas viejas del día a día, cartones de leche y algunos
pañuelos sucios. Después lo he prendido fuego todo
y me pareció que participaba en uno de esos verdaderos bailes
de estudiantes llenos de alegría y esperanza en el vodka
con un ruido infernal que llenaba las orejas
con el rumor del mar.
Apagado el fuego, alguna sombra fiera y dura
grabada en la pared, la caña de pescar inclinada
me quedé tocando un teclado sin gracia
quizás así
esperando recuperar el aliento
y pensé en salir corriendo al aire libre pero cerrando
los ojos el rojo del fuego dividía aún
el suelo y sin extinguirse nunca
permanecía fijo allí marcando el territorio
a la espera de toda mi miseria.
Traducción: Sara Costantini
Simone Cattaneo – Peace & Love (alcuni estratti)
Nome e soprannome
Me ne stavo sdraiato sul pavimento del bagno
a cantare l'unica canzone in inglese
che conosco ea sputare cercando di colpire
un piccolo ragno sul muro,
quando la forma indecisa del mio braccio mi è parsa
simile alla bacchetta di un rabdomante che si piega
in prossimità di una qualsiasi sorgente d'acqua ormai prosciugata,
e allora ho deciso che non sarei morto soffocato dalle parole
che incendiano la giornata e ci frustano il viso senza motivo
avrei bene o male tirato a campare ancora per un po',
il tempo necessario per non regalare
tutti i fiori di legno che offuscano la mia casa
a donne amate da anni e non incontrate mai.
Scarpe, lattine, una porta blindata e
delle posate si muovono nei campi
di grano a sud di Solaro
scintillanti carte da gioco nuove.
Non c'è bisogno di nessun sacrificio,
la memoria del sangue qui non cicatrizza
alcuna ferita.
Non venirmi a parlare d'amore né di lavoro
non so nemmeno paragonarti al vento
figurati se mi può succedere qualcosa,
potrei svegliarmi di soprassalto dal rumore
del vetro sbriciolato e trovarmi riempito
di cinghiate chiuso nel baule della tua Alfa,
sarebbe un sogno, sbiadire piano nella mattina
in un lampo liquido di metallo.
Stanotte di fronte al televisore spento
mi sono messo a ballare con una canna da pesca
un lento tragico e romantico, ho spostato i mobili
del soggiorno e al centro del pavimento ho ammucchiato
quotidiani vecchi, cartoni di latte e qualche
fazzoletto sporco. Poi ho dato fuoco a tutto
e mi sembrava di partecipare a uno di quei veri balli
studenteschi pieni di gioia e di speranza nella vodka
con un chiasso infernale che mi riempiva le orecchie
con il rumore del mare.
Spento il fuoco, qualche ombra fiera e dura
incisa sulle mura, la canna da pesca incrinata
sono rimasto a suonare su una tastiera sgraziata
chissà poi cosa
aspettando di riprendere fiato
e ho pensato di uscire all'aria aperta ma chiudendo
gli occhi il rosso del fuoco divideva ancora
il mio pavimento e non colava a picco,
rimaneva lì fisso a marchiare il territorio
in attesa di tutta la mia miseria.
Made in Italy
La madre di un mio compagno delle scuole medie
mi ha bloccato in una strada del vecchio quartiere
dicendomi che suo figlio era morto.
Non si è sbilanciata più di tanto e mi ha invitato al funerale.
Mi è parso buona educazione accettare.
Una settimana dopo mi ha fermato sotto casa e con aria decisa
mi ha confidato che calzo lo stesso numero di piede del suo
[povero figlio,
così mi ha regalato due paia di scarpe e un giubbotto giallo.
Qualche sera fa sono finito in un bar di Milano e
ho abbordato una ragazza sudamericana molto sensibile
al mio nuovo giubbotto canarino. Ho stretto gli occhi
e le ho sussurrato che per i particolari non bado mai a spese.
Si è buttato sotto la metropolitana di Milano
linea rossa, fermata Cairoli. Ha urlato che il cielo
aveva bisogno di un'iniezione di rosa, lui di un lavoro e
che la Madonna si era scordata di aiutarlo.
Quand'ero ragazzino pregavo la Madonna che si occupasse
di quei porci che mi bucavano le gomme della bicicletta
ma visto che non smettevano ho preferito affidarmi
ai puntati della 'ndrangheta. Anche loro in fondo
pregano la Madonna.
La cagna ha cambiato canile, mia moglie ha cambiato marito.
Così una sera di novembre, il mio amico Pino mi ha descritto
la sua vita sentimentale sdraiato sulla poltrona di plastica verde
della mia cucina. Poi ha spento la lampada al magnesio
macchiata dalle mosche, mi ha chiesto come stavo e
senza aggiungere altro se ne è andato.
E' rincasato camminando sulla striscia a linea continua
della provinciale sperando che la notte si potesse tagliare.
Peace & Love
Avevi il viso e l'arroganza del fallito
latravi qualche cosa di incomprensibile riguardo certi calcinacci e
cercavi l'oroscopo e il peso esatto, volevi andartene da questa
casa tirata su al centro del paese.
Non è una malattia ereditaria ma prima o poi doveva succedere:
estorsioni, agguati e ritorsioni.
Tutti uomini vestiti da porno attori che gettano incaprettato
nello Jonio un altro uomo in cambio di un bazooka con razzi
anticarro in canna. Un buon baratto.
La mia donna crea dipinti con i suoi capelli castani
sul mio petto scuro,
aspetta sulla soglia della mia carne ogni suo errore,
mi conforta dicendomi che soffrirò da solo,
cadrò e non mi solleverò,
ucciderò sette persone e avrò tanti giorni di carità
quanti un cane in un canile, rimarrò solo senza più denti,
farmaci né sentimenti
finirò come quello straniero incontrato un lunedì pomeriggio
in un caffè di Milano centrale.
Più o meno la sua vita era andata così – I had a woman,
she left me -.
Nulla più di questo.
A fine agosto il tuono morde i lampi prima che piova e
il cielo sembra sempre avere bisogno di un'autopsia,
cammino sulla strada crivellata di buche come fosse
un costoso tappeto cinese, la neve gialla è ancora lontana,
la luce pare un caleidoscopio difettoso ed io vado
dove i ragazzi hanno denti d'oro larghi come gonne a fiori
e nessuno mi potrà più servire da bere vino tagliato con il
[solfato di rame.
Ormai è un furto ogni prospettiva di fuga.
Etiquetas:
ABBAS KIAROSTAMI,
ITALIA
JOSÉ ANTONIO RODRÍGUEZ ALVA [11.151]
JOSÉ ANTONIO RODRÍGUEZ ALVA
Nació en Madrid en 1964. Ha formado parte del grupo musical La Caída de la Casa Usher, del Aula de Poesía Terpsícore y del grupo de teatro Selene. Premio de Jóvenes Creadores del Ayuntamiento de Madrid con Villa Miramor (1989), autor de las "plaquettes" De mi muerte (Nanoediciones, 2010), Contra los Ángeles (CAM, Hoja Nº8, 2011), del poemario Peligroso asomarse al interior (Amargord, 2011). Figura en las antologías Manos a la obra (2010, 2011), Trilogía Pez (2012), Libertad tras las rejas (2012), Aldea Poética VI (2013). Ha realizado la selección de poetas para la antología Último Ahora (Izana Editores, 2013).
http://elangelhungaro.blogspot.com.es/
BELMONDO
en Belmondo esta tarde está muerto todo el mundo los árboles lo certifican con su sombra el silencio de una inmensa iglesia perturbada en Belmondo en el interior de Belmondo las limpiadoras recogen los cadáveres inconstantes las limpiadoras son blancas como atomistas griegos surcadas de grietas por la espalda y arbustos enanos fíjate como brilla lo que la piel acoge si silbas las balas te oirán perfectamente las mujeres que lloran precipicios para acróbatas cualificados sus cabellos teñidos esta tarde se está haciendo noche en Belmondo mira los monstruos que pasan sin prisa acentuados algunos van acentuados como miércoles corregidos por el asma de unos labios saborea el último barbitúrico saborea las palabras antes de su desaparición alarga alarga la columna estás a punto de irte al suelo antes que te recojan las limpiadoras alarga que acechan y es noche y ya acechan en Belmondo donde ha muerto todo el mundo
poema en coma,
un sólo de uñas y margaritas por la espalda,
y la piel de sábana y tibia y femur
próxima al calor de la ropa ajena,
que dibuja una y otra
vez trapecio, con sus once sílabas,
esternocleidomastoideo
esbelto, porque en el poema mata
quien dice virus mientras la fiebre
o calla,
Todas las cosas que eres
Este solo de saxo es Charlie Parker
y todas las cosas que eres parece,
es la generosidad pasando por los ojos
que a veces se desprenden insólitos
ante un gin que acaba de llegarnos.
Un baile con unas iniciales
que buscamos al inicio de una noche larga
y sus espejos.
Parece un sólo de saxo y no lo es,
es la tarea de vivir en otro
que al aliento se acomoda suspenso
y al hueco de las rodillas, el hombro.
Antes de que el humo desapareciera
de los locales, estuvimos aquí
con nuestras preguntas para el barman
y aquí seguimos.
Todas las cosas que eres es plural,
como necesaria la luz que llega
doblando las esquinas de repente
y hay quien ya la ha visto y sonríe.
Este solo de Charlie Parker es Charlie Parker
sí, pero también nosotros girando
sobre este disco que sigue tramposo.
Peligroso asomarse al interior
MONSTRUOS DE COMPAÑÍA
Me ajusto la mañana
hasta que duele sin motivo,
junto a cadáveres
mermelada y bacterias.
Sin nadie dentro
aliento otra vez la nevera
propagando una enfermedad
incurable y el viernes.
Fuera no es mejor,
limpian el portal para el ángelus
los muchos que estornudan
en esta esquina.
Atiendo los milagros más urgentes,
el de la vecina.
Atarse los cordones me parece importante.
Dejé su voz tendida boca abajo,
tropiezo entre los peldaños de octubre.
No he venido a decir la primavera.
HIJOS DEL AGUACERO
[...] Somos cinco minutos de eternidad y lo que queda del día. [...] Con un poco de esfuerzo podemos secar el suelo, ver como revolotean las hadas blancas, comúnmente conocidas como moscas de la humedad o psicódidas. Todo vagamente mental. Los precipicios han cerrado hoy por reforma de precipicios y los labios esperan decir esto y eso y lo otro. Pero los labios no están aquí para hablar. Los labios buscan vino, naufragar en el sudor ajeno. Los labios no esperan nada.
Y UN TERCERO
Volver a tu humedad,
como el hijo de un país desterrado
roto en tu ausencia, lejos de mis huesos.
DIVISIÓN
Cauce fiel de abandono, línea pura,
te odia el árbol, el poste telegráfico,
suscitas el dolor de las hormigas,
un hombre se ahoga mientras tú respiras
y aun así, cauce fiel de abandono,
línea pura, favelas asombrosas
archivo, edición, ver, insertar,
formato, herramientas y ventana.
Hermosísima ventana y fiel órgano
para la división. Línea pura,
te odia el árbol.
PELIGROSO ASOMARSE AL INTERIOR
peligroso asomarse al interior
sin protegerse
sin preservarse
bordear los límites del flujo
sin los verbos del tigre
te abrazas a su secreto envoltorio
gustas de sus papilas
llamas a su piel adelgazada
si se puede
a veces se puede
te asomas brevemente a esos labios
que contienen todas las heridas
constantes y contando con
un llanto que solo interrumpen
los espacios en blanco
ése eres ese olor penetrante
la lamasería
salobre
impotente ante todo lo demás
éste eres éste
tu territorio luminoso
RAFAEL INDI [11.150]
RAFAEL INDI
Nací en Sevilla (09-09-1987).
Alguien me regaló un día La voz a ti debida sin pensar en las consecuencias y como recompensa le compuse un poema que acabó aborreciendo. Aquello me animó. Fue así como descubrí mi segunda vocación perdida.
Tengo un blog que es particular y cuando llueve se moja como los demás: http://animalendisturbio.blogspot.com/
Algunos de mis poemas han aparecido en revistas como La Lengua, Almiar, Fábula, Palabras Diversas, La Fanzine, Cinosargo, Horizonte De Letras y Los Sábados Las Prostitutas Madrugan Mucho Para Estar Dispuestas.
Gané el primer accésit del I certamen de poesía erótica Ánima.
En febrero de este 2013 autoedité mi primer libro Un aplauso americano.
Sacromonte
Esta ciudad se parece demasiado a nosotros.
Calle a calle competimos
en número de batallas perdidas
y luces escondidas
bajo alguna latitud incierta.
Sus noches justifican al fin
el insomnio errante
de unos bien desnacidos.
Como ella, hemos soñado ya
todos los sueños azules
que quedaban por soñar.
Esta ciudad se parece demasiado a nosotros.
Todo va bien
La cara de Matías Prats sobre los posos del café no me deja dormir,
seca las manos más tibias del hemisferio norte
cuando anuncia temporal,
ahora que necesito el sándalo en tu ropa.
Soy un malpensado si creo que vuestros informativos
quieren que la primavera nos sorprenda
viendo alguna serie tan bien producida como el frio.
Se aplaza la revolución por tormentas de nieve hasta nuevo aviso.
También soy un misántropo si no tengo un Smartphone con WhatsApp
ni escribo en (hasta) 140 caracteres
de qué tamaño es el nuevo juanete de mi pie izquierdo.
Lo comprendo y deseo continuar.
E incluso puedo ser algo peor cuando afirmo
que entre verdades se van los que se alejan,
que nadie está educado para la sinceridad.
Pensad que todo va bien.
Señalad el pecado con una cruz,
atrapadlo como a una araña herida dentro de una copa de cristal
llena de humo, puesta del revés.
Escupid después al cielo cuando henchidos de orgullo
abracéis el gris escribiendo:
"La verdad es sólo una cuestión de palabras".
Pensad que todo va bien.
Yo sé que la ceguera será la enfermedad del futuro.
Una generación perdida de hombres-topo
sobrevivirá al siglo veintiuno
escondidos bajo el metro de Budapest.
Y qué triste la imposible espera.
Por una vez, mi padre se vestiría de rey.
CHARLOTTE
"Algún día las hormigas cobrarán su venganza", decías,
mientras contaba las vueltas de aquel tiovivo.
Así pasábamos las noches,
peceras de marionetas hundidas
en mitad del Raval,
el único lugar donde los escotes
creen en Dios a su manera.
Después de tantos años
sigo aprendiendo de memoria el papel impuesto:
jugar a ser la muerte roja
en fiestas de guardar y quemar.
Tantos años intruso de la gran mascarada,
secreta bajo altos techos
y escaleras de nácar.
Tantos años sin saber
que eras la mujer de ojos verdes
en aquella canción de Nacho Vegas,
esa que ofrece agua de mar
como remedio a la sed.
Aprender a borrarse
es sólo el principio,
por eso nunca hay final;
por eso si los vencejos vuelan dormidos
despiertas describiendo círculos,
por eso si la dama se esconde
eres noche cerrada.
Forastero ante el propio septiembre
que cose las manos
para impedirte sonreír a los ángeles,
asesinos de kilómetros muertos
o raíles perdidos.
Como un pianista baila un as de picas
y sacude la lluvia de sus dedos.
Sin viaje de vuelta
en el tren sobre el agua,
[camino = destino]
guardando viajes iniciales
con disimulo
mientras cruzas la novena estación.
Nunca hay final
y ésto es sólo el principio.
Nos Ha Jodido Mayo Con Las Flores
No quiero que la literatura sea otra fase de la vida.
Es el único lugar
donde sólo existe un hombre
que descodifica la vida como temblor.
Por sentarte a esperar a ti mismo
te denominan poeta.
A todas luces una deuda de suerte.
Podrían llamarte fantasma
por caminar sin poner planta;
enfermo por nunca parecer curado de espanto;
sátrapa por arrendar muy caro el ventrículo izquierdo.
Y podrías inventar
un nuevo plural para etcétera.
Un día de tu vida resulta largo a veces,
lo suficiente para no confundir
el verso con el destino.
Sobran sed y paciencia en papel de muselina.
Igual que los calendarios,
sabes hacer daño sin usar las letras.
Convencido de que Dios
se esconde en los números.
Gaudeamus
Basta de unirnos
sólo en el dolor,
basta de acompañarnos siempre
en el mismo sentimiento.
¿Hace falta
un minuto de silencio
en nuestros labios?
Dime que la paz
no se compra con la muerte
en este absurdo rito de revolución,
en este tácito indulto
y su bautismo homicida.
Dime que no esperas
la añeja pantomima
para volver a titilar
desde la demorada sima
de mi lengua.
Dime que no solo un réquiem
puede ya expurgar
venéreas traiciones,
porque entre nosotros
jamás se alzará la indiferencia.
Basta de comulgar con un cinismo
de declarada patente,
sin duda somos viejos desconocidos.
Hagamos arder
al amor petrificado,
hagámoslo correr
implacable, prometeico,
como semen de lava percutiendo
bajo el brocal abierto del diamante.
Quiero converger allí,
en tu rebosante epifanía,
en el gaudeamus de tu sangre.
Dímelo antes de que sea tarde,
y haya inventado
una guerra
o una tragedia
como inocente pretexto.
Paracaídas Ardiendo
La noche que encontré
una patata en la cocina
me convertí en calabaza.
Allí, aquella victoriana máscara
tenía una sonrisa
más enferma de lo normal
-justo sobre
la esquina rota
que no cesa-.
Miraflores es un paracaidas ardiendo:
senda de los elefantes
que no saben morir
si derramo lágrimas de pan.
Como un sátrapa en Tarquinia
haciendo y deshaciendo
su ataud de seda
cada cuarto creciente,
rasgando los negros doseles
de la duermevela;
echado a perder por sobre
el hastío del estío
gano siempre desnudo.
Supe por qué tantas mujeres
caminan solas al amanecer.
ESCAMOTEO
Avivando una vigilia
en el trasluz de mi muerte
equivocada con la aurora;
confrontando lo trémulo de mis sienes
con una ciega áspid de ojos violetas.
Inerte en el cuadrante cero,
donde se afirma
la indeterminación infinita
tan fútil como una gangrena,
tan breve como un abismo
que presagia el terrible reverso:
todo vuelve a las formas,
se rehace atroz materia
y gravita sin piedad.
Cercenado sobre
límites radiales me entrego.
Exánime desvelo.
Únicamente ya mi sombra
hilvana lo concreto a jirones.
Y luego el vómito:
ventanas, paredes, fotografías, lienzos …
La vida jadea rectangular,
abatida por crasos vértices,
tóxicas aristas.
Había que solimantar el veneno,
extasiar a Quimera
en un brutal arrebato.
Ahora sé como se franquean
las arcadias de la duermevela.
Pues esta noche pude rozar
el orgasmo disolutivo,
cruzar el extremo terminal
de lo simétrico.
Volátiles curvas desnudan el vacío.
Tomé una decisión:
he acabado del lado nunca visible de lo secreto.
Suscribirse a:
Entradas (Atom)